Sicurezza in mare, perchè arrivano nelle nostre coste?

Sicurezza in mare, perchè arrivano nelle nostre coste?

Sicurezza in mare, se ne parla da anni ma non si arriva mai a una conclusione

Ne parliamo con Ennio Pietrangeli, Intelligence Analyst

l’obbligo di assistere imbarcazioni in pericolo dove nasce?

l’obbligo di assistere imbarcazioni in pericolo e’ ben definito in trattati internazionali:

nella fattispecie la Convezione SOLAS (Safety of Life at Sea) dell’ International Maritime Organization, agenzia dell’ ONU.
Esiste inoltre una convenzione internazionale per la ricerca e soccorso in mare, la “International Convention on Maritime Search and Rescue” (SAR), adottata ad Amburgo nel 1979 ed entrata in forza a giugno 1985.

Sicurezza in mare. Questa convenzione stabilisce le aree di responsabilita’ dei stati costieri e le procedure per il salvataggio delle navi in pericolo.


E’ evidente che le acque antistanti la Libia sono di responsabilita’ di questo Stato, con adiacenti le acque di responsabilita’ SAR Maltesi e Tunisine.
E’ anche evidente che l’ Italia si trova molto piu’ a nord e con zona SAR non adiacente alla Libia.

Sicurezza in mare. La sicurezza per i migranti, imporrebbe di usare il porto piu’ vicino, giusto?

il porto sicuro piu’ vicino, se escludiamo la Libia, e’ sicuramente Zarzis in Tunisia, o Sfax, sempre in Tunisia.


Se vogliamo seguire la narrativa delle ONG, e cioe’ del salvataggio di vite in mare, non si capisce perche’ non vengono usati i porti sicuri piu’ vicino, in Tunisia o Egitto.

L’Italia è piu’ lontana però…

È giusto quindi capire…..perche’ si deve percorrere un percorso due o tre volte piu’ lungo, fino ad arrivare in Italia, se a bordo ci sono naufraghi in pericolo?
Qui si aprono altre piste investigative, che al momento non trattiamo.


Veniamo adesso ai diritti e doveri di uno Stato sulle proprie navi nazionali.


Dal 1945 ad oggi c’e’ stata una evoluzione della cosiddetta “Legge del mare”

che e’ passata attraverso una serie di conferenze e trattati a livello di Nazioni Unite, fino ad arrivare alla terza conferenza nel 1982, anche chiamata Convenzione di Montego Bay, la United Nations Conference on the Law of the Sea, ( UNCLOS III).
La UNCLOS III determina, tra le altre cose, le acque interne, le acque territoriali, la zona contigua, la zona economica esclusiva, e le acque internazionali. In pratica codifica le convenzioni internazionali che furono discusse durante la UNCLOS I nel 1958 a Ginevra, sulla base di consuetudini
storiche.
La UNCLOS III nell’ articolo 91 stabilisce la nazionalità della nave, e richiede ad ogni stato di determinare le condizioni per la concessione della cittadinanza e dell’ immatricolazione delle navi nel suo territorio e per il diritto di battere la sua bandiera.


L’articolo 92 stabilisce che la nave e’ soggetta alla esclusiva giurisdizione dello Stato di bandiera quando si trova in acque internazionali.


L’ articolo 94 dell’ UNCLOS III definisce i doveri dello Stato di bandiera.
Tale articolo prevede che lo Stato deve esercitare efficacemente la propria giurisdizione e controllo in
materia amministrativa, tecnica e sociale sulle navi che battono la propria bandiera.
Ora, un salvataggio si configura quando una nave viaggiando da un punto A ad un punto B, soccorre una nave in difficolta’ e ne salva l’equipaggio.
Questo viene coordinato dalla SAR di competenza.
Quando una nave staziona in acque internazionali, e aspetta l’arrivo di barchini con persone a bordo, e’ difficile configurare una operazione di salvataggio, quando vengono disattese le direttive della SAR di
competenza.
I naufraghi non vengono trasportati nel porto sicuro più vicino, ma traghettati attraverso due aree SAR fino alle coste Italiane, altra violazione.
Questa azione non si configura come salvataggio, ed in base agli articoli 91, 92, 94 sopracitati, la responsabilita’ della nave e’ dello Stato di bandiera.
Quindi le persone trasportate sono di responsabilità dello Stato di bandiera.
Una nave battente bandiera estera puo’ transitare in acque territoriali dello Stato costiero in virtu’ dell’ “innocent passage” (art. 17 UNCLOS III).
Nel caso delle navi ONG e’ difficile configurare un “passaggio innocente” perche’ si configura un reato di
immigrazione clandestina, nonché, un pericoloso supporto all’infiltrazione di cellule terroristiche, grazie alle connivenze della criminalità organizzata, italica nel caso di specie, che anche in ciò ha trovato un business, come è stato ed ancora è con la mafia nigeriana.


In conclusione, si può affermare per i motivi addotti et supra, che l’azione governativa attuale va nella direzione della
tutela della sicurezza nazionale.

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