Amici, è tempo di battaglia …
MASCHIO E FEMMINA LI CREO’
Piacque al Signore plasmare con fango
la sua creatura
dandole forma ben definita.
Giaceva immobile, come assopito,
sopra una brulla distesa d’argilla.
Ed era il cielo sopra di lui
di un colore tra azzurro e bianco.
Era di tutti i cieli che sarebbero stati
(limpidi cupi sanguigni
color dell’antrace
screziati di cirri
neri stellati)
il primo,
ed era puro,
come lavato.
Chinato su quella creta
(ché carne viva non era ancora)
con studio e amore andava operando
nostro Signore,
e così volle foggiare
la più cara sua creatura:
snella la vita, torso robusto
ben sviluppata muscolatura,
volto scolpito,
sguardo ostinato,
membro protruso.
Standosi infine
accanto alla forma supina
così costrutta
la mirò
e si compiacque.
Poi soffiò piano nelle sue nari
sì che la creta
lieve ebbe un fremito
e stirò gli arti,
ma poiché torpido
e quasi inconscio
egli era ancora
si volse sul fianco
e sulla terra e sul fango
dormì spesso sonno.
Ed ecco il Signore
gli trasse dal torso
una costola senza svegliarlo
(tanto era greve il sopore)
e dall’esile osso
plasmò una seconda creatura
simile, non uguale alla prima.
Quantunque immota
spirava ella infatti
un che di molle e di dolce
dalle curve membra,
e di accogliente,
come una promessa
di soave riposo,
come un approdo
dopo un lungo viaggio.
E le donò un sesso cavo.
Stava poi a rimirare
le sue creature.
Poiché dormivano entrambe
sfiorandosi senza saperlo
distese su quella mota
da cui le aveva sbozzate,
ancora erano ignoti
l’uno per l’altra,
ma presto con gli occhi
dischiusi e stupiti
nell’immenso silenzio
si sarebbero scrutati.
E pensava il superno Iddio
Signore della terra e dell’acque
e di quanti vi abitano
piante e animali:
“Egli premerà i lombi
sopra di lei
saranno una sola carne
e il loro piacere
sarà fecondo.
Un uomo, una donna:
per tutti i millenni
questo amore solo
io benedico e voglio”.
Alfonso Indelicato