A bocce quasi ferme, vorrei offrire anch’io un contributo di riflessione su questa ricorrenza del 25 aprile che ogni anno promuove polemiche nella nostra Saronno come in tutta l’Italia.
Tale festività civile è in se stessa fonte di divisione, per due ordini di motivi.
Il primo è costituito dalla lunga serie di questioni di natura storica che si porta dietro: la valutazione del Fascismo nel contesto della storia patria così come il giudizio sulla Repubblica mussoliniana, quella del peso e dei limiti della Resistenza ai fini della soluzione del conflitto, della composizione della medesima in gruppi diversi e talora contrapposti, delle loro alleanze e degli obiettivi politici, nonché delle azioni delle quali i partigiani si sono resi protagonisti anche a guerra finita, e che hanno trovato spazio e vasta divulgazione in tempi recenti attraverso i libri di Pansa. Molte altre ce ne sono, ma mi fermo qui.
Il secondo ordine di motivi è costituito dall’uso di questi temi ai fini della politica attuale. Vorrei dire che è un uso che varia di intensità a seconda di chi siede al Governo: si va da una certa manieristica ritualità tipica di quando a comandare è la Sinistra, a toni di forte e interessata polemica quando comanda la Destra.
Dai settori politici più intransigenti la narrazione resistenziale viene utilizzata in termini francamente discriminatori e senza sconti: voi non la condividete quindi non siete dei nostri, non siete democratici, non siete questo, non siete quello, noi abbiamo ragione e voi avete torto.
Da altri più moderati viene – particolarmente quest’anno – il richiamo all’unità cui accenno fino dal titolo di questa chiacchierata: non dovrebbe essere una ricorrenza che divide, quindi smettetela voi destri di vederla come nemica e unitevi a noi nella celebrazione della libertà ritrovata. A Saronno quest’ultima posizione ha avuto eco nelle parole del Consigliere Gilardoni del PD come in quelle, più sussurrate perché affidate ai social, di Lucio Bergamaschi storico esponente di FI.
Ora, mentre sento di avere poco da dire ai primi, se non la disponibilità a una cortese discussione in qualsiasi contesto, agli esponenti di questo fronte trasversale moderato avrei da rivolgere alcune domande.
A che cosa dovremmo rinunciare, noi persone di Destra che ci rifacciamo ad altre tradizioni politiche rispetto all’azionismo, al cattolicesimo democratico, al socialismo, al liberalismo, per coltivare questo ideale di unità?
Dovremmo rinunciare a vedere nel Fascismo una forza politica originale, che tra vari gravi errori compiuti ha portato a compimento il processo di unificazione culturale e ideale del nostro popolo, quell’unificazione che dopo il ’45 è venuta meno? Dovremo rinunciare a vedere nella sua politica – che nessuna persona saggia si sogna oggi di replicare – degli spunti per il presente? Dobbiamo rinunciare a pensare che parte dei protagonisti della Resistenza non coltivavano un sogno di libertà, ma volevano una dittatura ben più aspra di quella fascista? Dovremmo infine gettare fango sui giovani della Repubblica che videro nell’8 settembre il “tradimento della Patria” e cercarono, gettando i loro pochi anni in una guerra che sapevano quasi certamente persa, un riscatto morale prima che politico? Dobbiamo forse credere che fossero tutti delinquenti? Dobbiamo rinunciare a onorarli, e di ribellarci quando li vediamo ogni volta disonorati?
Mi sa che ci chiedete molto, troppo, amici.
Tempo fa, intervenendo sulle Foibe e sull’Esodo dalle terre giuliano – dalmate (argomenti ben collegati ai precedenti) mi ero permesso di proporre non l’adozione di una “memoria condivisa”, la quale implica comunque una rinuncia alla propria, di memoria. Piuttosto di una “memoria rispettata”, che consiste nella comprensione – non nell’accettazione – delle ragioni dell’altro.
Ma questo approccio al tema prevede dei passaggi e dei segnali. Ad esempio l’intitolazione di una scuola legnanese al cieco di guerra Carlo Borsani, cosa che ho formalmente chiesto a due Dirigenti Scolastici a nome di gruppi e associazioni, senza ricevere neppure un cortese cenno di risposta.
Questa è la strada, ma non se ne vede neppure l’inizio, forse anche, chissà, per una certa incapacità della Destra di porre il problema.
Ci rivediamo l’anno prossimo.
Alfonso Indelicato
Consigliere comunale eletto a Saronno